martedì 29 ottobre 2013

Footballicidio '96



La tentazione delle cifre tonde è stata troppo forte, per i molti commentatori che in questi mesi hanno celebrato il ventennale della rivoluzione televisiva del calcio italiano. Niente di sbagliato: è un fatto che le prime partite mai trasmesse dalla pay tv italiana si siano disputate l'ultimo weekend dell'agosto 1993. Ma la rievocazione diventa licenza poetica nel momento in cui queste due gare (un Monza-Padova 0-1 di serie B e un noiosetto pareggio a reti bianche tra Lazio e Foggia) vengono elette a emblema del crollo del nostro sistema calcistico, quello in cui, vent'anni dopo, gli stadi sono mezzi vuoti "mentre invece guardate gli inglesi, i tedeschi..." 

In realtà, in quelle calde sere di fine estate, non stavamo facendo nulla di molto diverso dai riveriti maestri d'Oltremanica. In Inghilterra il weekend calcistico era spezzettato per esigenze televisive almeno da metà anni '80, con posticipi domenicali (nel football di lassù il giorno del "rito collettivo" è il sabato e non la domenica) e "monday nights". La stagione precedente, i venti club della massima divisione avevano fondato la Premier League e venduto collettivamente i diritti a Sky per 200 milioni di sterline. Da noi, ci si limitava ad azzardare un casto posticipo della domenica con una serie di vincoli che riletti oggi sembrano usciti da un mondo di saggi gentiluomini (almeno 2 e non più di 5 passaggi tv per ogni club, nessun posticipo nelle ultime 6 giornate di campionato per preservarne la regolarità, menu delle gare televisive deciso fin dall'estate). Niente, insomma, che potesse scalfire più di tanto la presenza degli italiani sugli "spalti" che, per i radiocronisti vecchia scuola, rimanevano spesso "gremiti".

E quindi? Quando sarebbe stata vibrata la pugnalata che avrebbe sgonfiato il nostro pallone?

Non occorre andare molto più in là nel tempo. Tre anni soltanto, 1996. A suon di decantare il modello inglese (una pratica molto cara, allora come oggi, a chi magari non ha nemmeno mai preso un volo low cost per Stansted allo scopo di farsi un'idea di come funziona davvero lì), l'Italia calcistica commise con agghiacciante leggerezza quello che in Inghilterra nessuno aveva mai osato. All'atto di rinegoziare il contratto per la copertura "pay", la Lega Calcio mise in vendita un micidiale pacchetto (che Telepiù, allora monopolista, comprò al volo) comprendente ogni singola gara di entrambi i campionati di A e B. Anche il "nucleo" di partite della domenica pomeriggio, quindi, non solo la lunga teoria di anticipi e posticipi. In questo modo crollava il senso stesso dello "spezzatino" calcistico all'inglese, che i club di Premier League avevano escogitato proprio per salvare quelle 6 o 7 partite del sabato pomeriggio, le quali infatti a tutt'oggi non godono assolutamente di diretta TV sul suolo nazionale: una sorta di salvataggio della tradizione, che da quelle parti, ogni tanto, affiora anche laddove nuotano i peggiori squali del business.

In Italia ingollammo tutto, senza chiederci il perché, mettendo il calciofilo medio davanti ad una scelta: dopo il caffè e il digestivo, è meglio una domenica pomeriggio allo stadio (magari al freddo) o sul divano? Ovvia la risposta, con gli altrettanto ovvi danni collaterali al calcio minore (in quanti hanno il coraggio di uscire per andare a vedere il Forlì in C2 quando in salotto c'è la Juve?). 

E' vero che per "Stereo 8" la bellezza del calcio è inversamente proporzionale al numero di telecamere presenti a bordo campo (fanno eccezione quelle a tubo), ma visti i tempi che corrono, quel timido Lazio-Foggia senza reti ci sembra quasi un'innocente, educata marachella.

NOTA: Non avendo trovato immagini di qualità sufficiente riguardanti Lazio-Foggia, eccone una di Juventus-Sampdoria 3-1, terza giornata di quel campionato, la prima gara di serie A teletrasmessa da Telepiù in cui si sia segnato almeno un gol. Anche la domenica successiva, infatti, sempre la Lazio (squadra scelta come "test" per la vendita di abbonamenti e decoder su una piazza ampia come la Capitale) fece un dispetto ai dirigenti del nuovo canale rimediando un altro pareggio a reti bianche a Reggio Emilia.

giovedì 10 ottobre 2013

Minuto per minuto

Le repliche  di vecchie puntate di Tutto il calcio minuto per minuto sulla radio online della Rai sono una delle migliori cose accadute in questo malaticcio 2013. Non già perché ci permettono di riascoltare i racconti di Ciotti, Ameri e compagnia dall'inizio alla fine e non in base a brevissimi frammenti; non soltanto perché un po' tutti avranno una buona scusa per sfogarsi contro il calcio moderno e rimpiangere il bel pallone di una volta. Le bobine che - abbiamo scoperto - erano custodite in un magazzino Rai di Torino racchiudevano molto di più: il paesaggio sonoro degli stadi italiani.

Fare i retrofili non è difficile, ultimamente. Per esempio, del periodo calcistico 1969-72 (unici anni finora coperti, ahinoi, dalla coraggiosa iniziativa) abbiamo potuto leggere molto grazie agli archivi della Stampa e dell'Unità; abbiamo potuto vedere ore di pellicola grazie alla pur schizofrenica operazione archeologica di Rai Sport. Ma le voci di quegli stadi, di quelle partite, non le avevamo sentite mai. Quei boati che si udivano nei servizi della Domenica Sportiva che mostravano le azioni salienti delle gare di giornata, infatti, non erano autentici. Le partite venivano riprese in pellicola e già era un bel problema sviluppare, tagliare e montare il servizio in poche ore: l'ipotesi di piazzare dei microfoni a bordo campo per riprendere l'audio ambientale era inutile fantascienza. E così ogni sede Rai aveva il proprio nastro-loop preconfezionato di effetti sonori da stadio: bastava alzare il volume nel momento del culmine dell'azione e il boato era servito. Una pratica andata avanti almeno per tutti gli anni Settanta.

E così, è quasi più bello ascoltare il rumore di fondo piuttosto che l'italiano secco, veloce, elegante dei radiocronisti. Nessun coro "organizzato": solo in qualche occasione si può sentire lo stadio scandire il nome della squadra ("Ju-ve! Ju-ve!") o un sarcastico epiteto destinato all'arbitro Concetto Lo Bello,  ("Duce, duce"!, Fiorentina-Cagliari del 12 ottobre 1969). Al San Paolo di Napoli si esibisce spesso un trombettiere, mentre nel blocco di puntate del 1972 compaiono le trombe da stadio polifoniche, quelle che riproducevano (stonando) motivetti come "La Marsigliese" o "La cucaracha". Una lontananza impressionante non solo dai cori di "discriminazione territoriale" del giorno d'oggi, ma da qualsiasi forma di tifo organizzato. Un grande brusio, la cui intensità cresceva man mano che la palla si avvicinava alla porta, fino a sfondare i timpani in caso di rete, o fallo da rigore, o parata. Già, perché tra l'altro, all'epoca gli stadi erano pieni.

PS - Ovviamente il progetto di digitalizzare e ritrasmettere le vecchie puntate di Tutto il calcio è troppo bello e troppo della Rai per essere vero. Dopo una primavera e un'estate di goduria, con la trasmissione quasi integrale della stagione 1969-70 e della parte finale del 1971-72, tutto ha taciuto. Ora veniamo a sapere dalla redazione che "ci sono dei notevoli ritardi" nella digitalizzazione delle bobine e che "non si può garantire correttamente la programmazione". Non sappiamo perché, ma abbiamo paura che altri "Buuu!", altri "Gool!", altri boati rimarranno prigionieri ancora a lungo di un nastro magnetico.